AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

mercoledì 31 agosto 2016

Ciclo sulla Chiesa Cattolica di Fukui (Giappone . Foto di Yasuda Kazuko San)

Ciclo sulla Chiesa Cattolica di Fukui (Giappone- Foto di Yasuda Kazuko San)


SCORCIO DELLA FACCIATA
Un avamposto della Fede sembri
in questo lembo dell’Estremo Oriente:
palpitan cuori ardenti per Gesù!


MADONNA COL BAMBINO
Son per il Bimbo le braccia materne
un comodo lettuccio perché può
i palpiti del core percepire...



IL SACRO CUORE 
Davvero sai mostrarci il solo Cuore
capace d’irraggiare sommo Amore!



L’ADDOLORATA
Vergine, ti vorremmo cancellare
quel velo di mestizia, trasferendo
nel nostro cor la spada del dolore...



L’NTERNO 
Interno dove l’alma si ristora
vegliata dalla Vergin e dal Figlio...

(Ferrara 31-8-2016), Padre Nicola Galeno


martedì 30 agosto 2016

Fiori di fine agosto

Ho mandato stamattina questi fiori ad una mia corrispondente di Kanazawa col titolo: L'INCANTO DEI FIORI. Guarda cosa mi risponde! Dice in sostanza che i fiori...DESIDERANO DI ESSERE DA ME FOTOGRAFATI! Pn

Quanto ha scritto la tua corrispondente lo posso confermare: in effetti, i fiori desiderano essere fotografati da te, che sai riprenderli al meglio, anche se non si mettono in posa. Grazie per l'invio!
Danila











Terminiamo così il mese di agosto, in un tripudio floreale.

Aneddoti sulla Fede e sulla Felicità

1– Fede – Bambini vedono Dio
Poco dopo la nascita di suo fratello, la piccola Elisa cominciò a chiedere ai genitori di lasciarla sola con il neonato. La mamma e il papà di Elisa si preoccupavano che, come quasi tutti i bambini di quattro anni, potesse sentirsi gelosa e volesse picchiarlo o scuoterlo, per cui dissero di no. 
Ma Elisa non mostrava segni di gelosia. 
Trattava il bambino con gentilezza, e le sue richieste di essere lasciata sola si facevano più pressanti.
I genitori decisero di consentirglielo. 
Esultante, Elisa andò nella camera del bambino e chiuse la porta, ma rimase una fessura aperta, abbastanza  da consentire ai curiosi genitori di spiare ed ascoltare. 
Videro la piccola Elisa andare tranquillamente dal fratellino, mettere il viso accanto al suo e dire con calma: 
"Bambino, dimmi com’è fatto Dio. Comincio a dimenticarmelo...".
I bambini sanno com'è fatto Dio, ma arrivano in un mondo che fa di tutto per farglielo dimenticare il più in fretta possibile. "In verità vi dico se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli" (Matteo 18,3).

2– FEDE –  Testimonianza
Un vecchietto ateo, non credente, andò da un noto sacerdote. Sperava di essere aiutato a risolvere i suoi problemi di fede. Non riusciva a convincersi che Gesù di Nazareth fosse veramente risorto. 
Cercava dei segni di quest’affermata risurrezione...
Quando entrò nella casa canonica, abitazione del sacerdote, c'era già qualcuno nello studio a colloquio.
Il prete intravide il vecchietto in piedi in corridoio, e subito, sorridente, andò a porgergli una sedia.
Quando l'altro si congedò, il sacerdote fece entrare l'anziano signore. 
Conosciuto il problema, gli parlò a lungo e dopo un fitto dialogo, l'anziano da ateo divenne credente, desiderando di ritornare alla parola di Dio, ai sacramenti e alla fiducia nella Madonna.
Il sacerdote soddisfatto, ma anche un po' meravigliato gli chiese: «Mi dica, del lungo colloquio qual è stato l'argomento che l 'ha convinta che Cristo è veramente risorto e che Dio esiste ?».
«Il gesto con il quale mi ha porto la sedia, affinché non mi stancassi di aspettare...», rispose il vecchietto.
Se qualcuno ti chiede: "Cos'è il Cristianesimo?". "Guardami!": è l'unica risposte accettabile.

3– FELICITà- Il filo dell'aquilone
C'era una volta un aquilone. 
Era legato ad un filo sottile e si librava nell'aria, come danzando, pilotato dolcemente dalle mani esperte di un piccolo uomo, il suo creatore. 
L'aquilone gioiva nel vederlo sorridere mentre lui danzava, ma un giorno sentì il desiderio di andare più in alto, di volare da solo e si accorse che quel filo, quel filo sottile glielo impediva. 
D'un tratto quell'esile filo che era stato l'unione col suo creatore divenne per lui come una catena opprimente. 
L'aquilone cominciò a dimenarsi, a dare strattoni, ad imprecare contro quel piccolo uomo che lo teneva prigioniero. 
Tanto si agitò che ad un certo punto il filo si spezzò. L'aquilone cominciò a volare da solo, finalmente libero,  felice di danzare nel vento senza catene. 
Il piccolo uomo lo chiamava, supplicandolo di non andare troppo in alto, ma egli, ormai libero, non ascoltava le sue parole. 
Improvvisamente il vento divenne più forte e cominciò a sbatterlo da ogni parte, a trascinarlo in una folle corsa.  Avrebbe voluto rallentare, fermarsi per un attimo, ma non poteva.  Il vento lo feriva con le sue raffiche mortali, lo mandava a sbattere contro le cime degli alberi e non poteva scansarle. I rami aguzzi gli strappavano brandelli di carta, mettevano a dura prova il suo esile scheletro. 
L'aquilone cominciò ad aver paura, a pensare che presto il suo volo sarebbe finito per sempre. 
Guardò giù e, sotto di sé, vide il piccolo uomo che correva affannosamente, cercando di non perderlo di vista. 
Provò nostalgia per quel viso sorridente, ma il vento non gli dava tregua, sembrava divertirsi a tormentarlo. 
All'improvviso il vento cominciò a scemare e l'aquilone pensò che presto si sarebbe finalmente fermato. 
Guardò diritto davanti a sé e vide una grossa pozzanghera che sì faceva sempre più vicina. 
Provò un brivido di terrore, ma non poteva cambiare strada. L'acqua lo accolse in un abbraccio mortale e sentì la carta rammollirsi, disfarsi lentamente. "E' la fine", pensò –; ma poi, improvvisamente si sentì sollevato delicatamente da una mano familiare. 
Il piccolo uomo, tutto sporco di fango, lo asciugò pazientemente, curò le sue ferite, sistemò il suo esile scheletro e lo legò di nuovo con quel piccolo filo. 
Passarono i giorni e l'aquilone tornò a volare legato a quel filo sottile, tra le mani del piccolo uomo. 
Capì che era bello volare insieme con lui, danzare per lui e quel filo sottile non gli sembrò più una catena crudele, ma un appiglio sicuro, un rifugio contro le avversità. 

Siamo liberi di spezzare quel  filo sottile che lega la nostra vita a Dio, ma la libertà che otteniamo e che ci fa volare dove vogliamo, ci porta davvero alla vera felicità?


4- FELICITA' – i due lupi
Una sera un uomo anziano confidò al suo giovane nipote la storia di una battaglia che si combatteva all'interno del suo cuore: 
«Figlio mio, ciò che si combatte dentro di me è una battaglia fra due lupi: 
Il primo lupo è malvagio, pieno d’invidia, collera, angoscia, rimorsi, avidità, arroganza, sensi di colpa, orgoglio, sentimenti d'inferiorità, menzogna, superiorità, egocentrismo. È terribile perché mi rende triste e depresso!
– Il secondo lupo invece è buono, pieno di pace, amore, disponibilità, serenità, bontà, gentilezza, benevolenza, simpatia, generosità, compassione, verità e fede. È meraviglioso perché mi rende la vita bella e felice!». 
Il bambino un po' disorientato pensò per un minuto e chiese:  «Nonno, ma quale dei due lupi vince?». 
Il vecchio rispose semplicemente: «Di solito vince sempre il lupo che nutro..."

...e tu, quale lupo stai nutrendo?

5– Felicità – diamanti non sassi
Un giovane  partì alla caccia di anitre selvatiche sulla riva di un fiume. Era armato solo di una fionda.
Raccolse alcuni ciottoli sul greto e cominciò a scagliarli con tutta la sua forza. 
Mirava soprattutto agli uccelli che si fermavano incautamente sulla riva. 
I sassi lanciati finivano con un tonfo nell'acqua profonda. 
Soltanto due ciottoli colpirono a morte due uccelli, prima di finire anch'essi nella corrente. 
Quando rientrò in città, il giovane aveva due anitre nella bisaccia ed ancora uno dei ciottoli in mano. 
Nei pressi della città, un gioielliere lo fermò con un’esclamazione di sorpresa. 
"Ma è un diamante, quello che hai in mano! Vale almeno diecimila euro!". 
Il giovane cacciatore impallidì e poi si disperò: "Ma che stupido sono stato! Ho usato tutti quei diamanti per uccidere degli uccelli... Se li avessi guardati bene, ora sarei ricco, e invece la corrente li ha portati via!". 

Ognuno dei nostri giorni è come un diamante prezioso. Ciò che conta è accorgersene, e non sprecarlo per andare a "caccia" di ciò che non può renderci veramente felici...



venerdì 26 agosto 2016

IN CAMMINO (En el camino)


Al link qui sopra, potrete accedere alla lettura. Ma anche cliccando sull'immagine di copertina, a destra nella home page, si apriranno le pagine del e-book, che si trovano nelle versioni italiano-spagnolo.

Ho così il piacere di presentarvi la silloge poetica a carattere spirituale scritta da Nelly Irene Zita García.
Vi parlo un po' di lei, così che possiate conoscerla meglio.

L’autrice è nata in Venezuela (Caracas) nel 1957. Nel 1972 emigra in Italia, Piedimonte Matese ( CE). Dal 1983 risiede in Canegrate (Mi) .
Nel 1984 completa i suoi studi in psicologia presso l'Università degli Studi di Roma " La Sapienza". Ha lavorato in diversi settori (Psichiatria, Consultorio, Psicologia Clinica).
E' membro dell'Associazione degli Studi Psicoanalitici, (A.S.P) - International Federation of Psychoanaliytic Societes, (I.F.P.)-  Istituto di Ricerca di Gruppo di Lugano, (I.RG.)- Associazione Italiana di Psicologia Giuridica, (A.I.P.G).
Ha effettuato diverse pubblicazioni in ambito professionale.
Ha l'hobby di scrivere poesie e racconti.
Ha pubblicato in cartaceo " Toccare e Accarezzare il cielo" e " La Memoria Emotiva" editati in cartaceo durante quest'ultimo decennio.

Questa la sua breve biografia, ma quel che non riporta è che si è adoperata, insieme ai coniugi Anna e Luigi Vigna, per il Gruppo Amici di Fra Jean Thierry Ebogo, traducendo in lingua spagnola la biografia del Servo di Dio e inoltre, per l'organizzazione della Celebrazione della chiusura del Processo Diocesano riguardo al giovane frate Carmelitano che si è svolta presso il Santuario di Santa Teresa del Bambino Gesù di Legnano il 9 settembre 2014. Qui sotto potrete ascoltare l'omelia del Card. Scola.


 Per concludere, Nelly Irene ha percorso il suo cammino spirituale, e con le poesie contenute nel presente e-book, desidera raccontarvelo . 






Bangui: la testimonianza di un carmelitano al Meeting di Rimini


“Bangui, la capitale spirituale del mondo”. La testimonianza di un carmelitano
Al Meeting di Rimini, padre Federico Trinchero racconta il suo impegno in Centrafrica per gli oltre 3mila profughi accolti nel suo convento

“È da sette anni che vivo in Centrafrica. Vi saluto e vi ringrazio dell’invito anche a nome dei profughi che da ormai tre anni vivono nel nostro convento. Avvertendo che era per un viaggio fuori dell’ordinario la mia partenza da Bangui per Rimini, un profugo mi ha voluto lucidare i sandali perché potessi presentarmi da voi in ordine. Nella sua semplicità mi è sembrato un gesto molto bello”.
Dopo l’introduzione e le prime domande di Davide Perillo, direttore diTracce, è iniziata così la testimonianza di padre Trinchero, missionario carmelitano a Bangui, la capitale del Centrafrica. Il Centrafrica, ha detto il missionario, è un paese grande due volte l’Italia, ma con solo cinque milioni di abitanti. “È uno dei paesi più poveri della terra, nonostante possieda diverse ricchezze naturali. Negli ultimi tre anni ha conosciuto anche il dramma della guerra tra una coalizione di ribelli, a maggioranza musulmana, provenienti da Nord e le truppe governative. Il 5 dicembre 2013 un gruppo di profughi incomincia ad arrivare in convento. All’inizio erano circa seicento persone, il giorno dopo duemila. Oggi ospitiamo tremila profughi, ma a un certo punto abbiamo superato la cifra dei diecimila”.
Insomma il convento è diventato un campo profughi e padre Federico, con grande naturalezza e una buona dose di humor, ha raccontato gli straordinari problemi che lui e i confratelli hanno dovuto affrontare: dalla sistemazione dei profughi, al cibo, dall’igiene alla realizzazione, in refettorio, di un ospedale da campo, dall’organizzare una tale moltitudine di gente all’assistenza alle donne partorienti.
“Ma non era questo il vostro ‘mestiere’. Perché – ha chiesto Perillo – vi siete buttati in questa impresa?”. “Non siamo noi che ci siamo buttati – ha risposto padre Trinchero – sono loro che sono arrivati. Questi ospiti ci hanno costretto a vivere il Vangelo. Avere Gesù a portata di mano era un’occasione da non perdere. Non ho mai avvertito, in quello che stavo facendo, di sottrarre il tempo al Signore”.
Il Centrafrica, com’è stato ricordato nell’incontro, è un paese “non solo lontano, ma sconosciuto alla maggior parte di noi”. Qualcosa è cambiato nel novembre 2015, quando Papa Francesco ha visitato Bangui (29-30 novembre) ed ha aperto la Porta Santa del Giubileo della misericordia nella sua Cattedrale. È stato Papa Francesco a definire Bangui – come ricordava il titolo dell’incontro – “la capitale spirituale del mondo”. “Il Papa – aggiunge Federico Trinchero – ha ripetuto tre volte questa affermazione. Per noi, abituati come a vivere un complesso di inferiorità, è stato un positivo capovolgimento. Come dice il Vangelo di oggi: gli ultimi saranno i primi”. Il Papa ha avuto anche il coraggio di oltrepassare la zona del Km5, quella di massima concentrazione musulmana, e di visitare la moschea centrale. “Dopo la venuta del Papa la situazione è cambiata – afferma il missionario carmelitano – si spara molto di meno, è cambiato il clima, si registra un’apertura”.
Sollecitato dall’intervistatore, padre Federico ha raccontato anche la storia del 22enne centrafricano che, per diverse settimane, ha dormito davanti alla porta del convento e ha incominciato a frequentare la Messa. “Ad un certo punto mi dice – racconta il relatore – ‘Padre, vorrei essere come voi. Vi vedo così uniti, pregare, intervenire attivi e poi scomparire… San Benedetto dice di aspettare che uno bussi per cinque giorni alla porta del monastero, prima di accogliere la sua richiesta; questo ha aspettato settimane – dice padre Federico – penso che una possibilità gliela dobbiamo dare”.
“Come abbiamo ascoltato – ha commentato Davide Perillo – c’è un prima e un dopo l’apertura della Porta Santa a Bangui da parte del Papa”. Il Direttore di “Tracce”, concludendo l’incontro, ha sottolineato il valore della testimonianza di Trinchero, documentato “dalla faccia e dal sorriso di padre Federico e, insieme, dalle cose che ci ha detto”.

Il suo è stato uno degli interventi più apprezzati in questo primo scorcio del XXXVII Meeting di Rimini. Per padre Federico Trinchero, 39 anni, piemontese, missionario carmelitano nella Repubblica Centrafricana dal 2009, è stato un ritorno in patria, ma laggiù, a Bangui, capitale di un paese ancora lacerato da una terribile guerra civile, c’è già chi ha nostalgia di lui.
Nel corso della sua testimonianza al Meeting, il missionario ha raccontato di come alcuni locali, saputa della sua imminente trasferta riminese, si sono offerti per lucidargli le scarpe, in segno di premura e di affetto. C’è infatti molta gratitudine in Centrafrica, per questi missionari arrivati dall’Europa, che hanno trasformato il loro convento in un campo profughi, e che non sono fuggiti nemmeno nei momenti più neri della guerra civile.
Dopo la visita di papa Francesco, che lo scorso 29 novembre ha aperto la prima Porta Santa a Bangui, facendone la “capitale spirituale” del mondo, tuttavia, qualcosa sta cambiando in meglio. I segni di questa speranza sono stati raccontati a ZENIT da padre Trinchero, a seguito della sua relazione di domenica scorsa.
Padre Federico, quanto è stata importante la visita del Santo Padre dello scorso novembre? Che cambiamenti ha prodotto?
Per un disegno della provvidenza, mi sono trovato a Bangui nei due momenti più importanti della sua storia. Parlo innanzitutto della più sanguinosa guerra che abbia mai coinvolto il Centrafrica: nonostante in passato non siano mancati colpi di stato e conflitti, mai il livello di violenza era stato così alto. In positivo, abbiamo avuto la visita del Papa, avvenuta proprio nel mezzo di questa guerra. La venuta del Santo Padre sembra aver davvero avviato un cammino di pace. Non si può dire che la guerra sia finita ma di certo non si spara più come prima.
Quali sono state le parole del Santo Padre che, a suo avviso, hanno più colpito il cuore dei centrafricani?
Sicuramente quando ha detto che Bangui diventava “la capitale spirituale del mondo”. Una frase che, indubbiamente, ci ha sorpreso e che, tuttora, forse non comprendiamo cosa significhi veramente. I centrafricani sono stati colpiti, probabilmente, non tanto dall’aggettivo “spirituale”, quanto dal sostantivo “capitale”: una volta tanto si sono sentiti come quegli “ultimi” che, evangelicamente, diventano i “primi”. Abituati ad occupare gli ultimi posti, il Papa ci ha messo sul podio. Non dico che dobbiamo insegnare qualcosa agli altri – questo sarebbe orgoglio – però, adesso, abbiamo forse qualcosa da dire al mondo e questo non ce lo aspettavamo. “Spirituale” è quello che dobbiamo fare: è un impegno che il Papa ci ha dato e cosa realmente significa, lo vedremo nei prossimi anni.
Quali sono le caratteristiche umane più spiccate del popolo centrafricano?
È un popolo che, anno dopo anno, sto conoscendo e sto amando sempre di più. Questa convivenza quotidiana con loro, mi ha permesso di conoscerne meglio i difetti e di apprezzarne di più le virtù. Un loro pregio è quello di sorridere nella sofferenza. Molti italiani cui ho mostrato le foto del campo profughi mi hanno detto: “hanno perso tutto ma si vede che sono felici”. Sono capaci di sopportare molto, di sorridere nella sofferenza, di vedere sempre il lato positivo di ogni cosa e di non disperarsi. All’apparenza possono sembrare passivi e poco dinamici ma, di fatto, si impegnano sempre e danno il meglio di sé.
Quanto sono recettivi i centrafricani nei confronti del messaggio cristiano?
Dal punto di vista della fede, troviamo tutti i difetti e i pregi di una chiesa giovane. C’è molto entusiasmo, le chiese sono strapiene, i movimenti frequentatissimi, i giovani partecipano alla vita della Chiesa e sono molto disponibili. Mentre qui in Europa, i preti non sanno cosa inventarsi per attirare i giovani, in Centrafrica, talora, nemmeno pubblicizziamo le nostre iniziative, per paura che ne vengano troppi! Per loro Dio non è un problema, non è – come io dico spesso – qualcosa di cui si discute ma Qualcuno con cui si discute. È come se Dio, per loro, facesse parte degli amici di famiglia.
I problemi nascono, invece, nella conversione dalle credenze legate alla stregoneria e riguardo a come il Vangelo possa veramente diventare vita e cambiare il comportamento morale. In particolare per ciò che riguarda la famiglia e il matrimonio, c’è ancora molto cammino da fare. Mi riferisco in particolare alla paura del matrimonio sacramentale da parte delle coppie giovani. Le nozze in chiesa, purtroppo, le celebrano ancora in pochi e lo fanno per lo più coppie mature che hanno vissuto per tanti anni nel concubinaggio e hanno già parecchi figli. Un altro ostacolo è quello della dote. C’è anche molto disordine sessuale, promiscuità, vagabondaggio, persone che hanno figli da diverse relazioni, bambini che crescono senza la figura del padre. Le famiglie veramente unite sono rare.
Come è lo stato della convivenza interreligiosa in Centrafrica?
Prima della guerra, il Centrafrica era un esempio di buone relazioni islamo-cristiane. Le cifre ufficiali – che a mio avviso sarebbero da rivedere – parlano di un 25% di cattolici e un 25% di protestanti, pertanto la metà dei centrafricani sarebbero cristiani. C’è poi un 15% di musulmani, mentre il resto della popolazione è animista. I musulmani sono diminuiti (molti sono fuggiti), mentre i cattolici credo che siano un po’ di più. Purtroppo questa guerra, iniziata per motivi di interesse economico, è sfociata in un conflitto interreligioso, che poi è degenerato. Inizialmente i musulmani hanno vessato i cristiani, poi questi ultimi, attraverso il movimento Antibalaka, si sono vendicati: prima i musulmani hanno distrutto le chiese, poi i cristiani hanno distrutto le moschee. Ci vorranno anni per tornare come prima, sebbene qualche segnale di miglioramento si stia registrando. È probabile che, da tempo, fosse latente un sentimento di frustrazione da parte dei cristiani che, nelle attività commerciali, sono spesso i servitori del musulmani, titolari della maggior parte dei negozi. Pur essendo maggioranza, pativano questa situazione di sudditanza.
Quali sono gli episodi più belli che ha vissuto a Bangui dall’inizio della sua missione?
Come raccontavo prima, i rapporti tra cristiani e musulmani stanno lentamente tornando alla normalità e io l’ho riscontrato in una recente esperienza personale. Poco tempo fa stavo trasportando delle sedie in macchina, con l’aiuto di un musulmano. Era il primo musulmano con cui parlavo dopo due anni di guerra. Durante il tragitto ho sbagliato strada e ho imboccato un senso vietato. Il vigile voleva multarmi ma l’amico musulmano si è opposto, perché – ha argomentato – ero un “ministro di Dio”. Quella contravvenzione onestamente l’avrei pagata ma lui è riuscito ad impedirlo: è un gesto che ho molto apprezzato.
Lo scorso Natale, poi, abbiamo assistito ad un vero e proprio miracolo. Avremmo tanto voluto fare un regalo ai nostri bambini del campo profughi ma erano ben 500 e la cosa non sembrava proprio possibile. Senonché, il pomeriggio del 24 dicembre sono giunte al Carmelo due macchine di grossa cilindrata, da cui sono scesi dei signori ben vestiti, scaricando degli scatoloni, con 1600 regali e giocattoli per i nostri bambini. Sono poi spariti e non sappiamo da dove venissero e chi fossero, né li abbiamo più rivisti. La Provvidenza, quindi, ci ha ascoltato: a noi che desideravamo fare questo regalo, ci ha mandato dei suoi “ministri” e noi, in poche ore, abbiamo potuto distribuire i regali ai bambini di tutto il campo profughi.





BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi