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lunedì 13 febbraio 2017

La fedeltà dei Vangeli di Gesù storico - di Padre Claudio Truzzi - Parte quarta

La fedeltà dei Vangeli al Gesù storico



Dal fatto che i Vangeli provengono dalla vita e dalla fede della Chiesa apostolica, alcuni hanno dedotto che essi non sono storici e che il Gesù di cui ci parlano è una creazione della Chiesa primitiva, la quale avrebbe anche «mitizzato» tale Gesù, cioè l'avrebbe reso operatore di miracoli, risorto, salvatore, Figlio di Dio, Signore.  E quindi questo Gesù andrebbe "demitizzato"!
È vero che il contenuto dei Vangeli proviene, anche, dalla Chiesa primitiva. Ma che esso sia proprio una creazione e mitizzazione, o almeno se un'ipotesi del genere abbia una qualche consistenza o no, è tutta da dimostrare! Non basta affermare!
Per rispondere ci rivolgiamo ai documenti. Come fosse la Chiesa primitiva, lo chiediamo agli Atti degli Apostoli, alle lettere di S. Paolo e agli scritti della Chiesa apostolica perché risalenti a quel tempo e capaci quindi di farci conoscere quasi dal vivo la Chiesa primitiva.
Questi scritti, infatti, sono stati composti quasi tutti [forse è più tardiva soltanto la 2° lettera di Pietro] negli anni tra il 50 e il 100 circa. Ormai tra gli studiosi più nessuno dubita che essi siano un documento vivo e palpitante della situazione della Chiesa di quei tempi. Tale scritti quindi ci fanno conoscere come fosse la Chiesa nei primi decenni dopo la morte di Gesù: ossia proprio nel periodo in cui i Vangeli si formano.
La Chiesa primitiva
Stando alle fonti citate, la Chiesa primitiva possiede le seguenti caratteristiche [che appariranno più chiaramente se si avrà la pazienza di leggere personalmente i brani che indicherò – almeno quelli in rilievo].
*  La comunità apostolica non è anarchica e libera dire e di fare ciò che le pare e piace. Essa è organizzata. Ha dei capi: soprattutto i Dodici, controllata da loro, guidata con autorità. (Cfr. Atti degli Apostoli, 2, 42; 5, 12s; 11, 22; 15 ecc. – particolarmente significativo è Galati 1, 6-10 – pagina scritta intorno al 55, cioè appena circa 20 anni dopo la morte e la risurrezione di Gesù –).
*   I predicatori affermano di proclamare un annuncio di salvezza che loro stessi hanno ricevuto da Cristo in persona o tramite i suoi discepoli diretti, e da cui non è possibile staccarsi, pena l'esclusione dalla storia della salvezza! (Cfr. 1 Cor 15, 1-11 [scritto nel 56] e più ancora Gal 1, 11-12, 10).
*   è così vivo l'attaccamento all'annuncio salvifico ricevuto (detto anche «evangelo» o «kerygma»), che capitano pure episodi significativi. 
Quando Pietro, il primo degli Apostoli, introduce nella Chiesa il pagano Cornelio senza sottoporlo al sacro e venerato rito della circoncisione, la maggioranza ravvisa in quel gesto un errore, un... dirottamento dal vangelo, e chiama Pietro, il capo, al rendiconto. Cioè, la Chiesa controlla il suo capo circa la fedeltà all'evangelo (At 11, 1-18).
– Un episodio simile è quello ricordato in Gal 2, 11-16, che meraviglia il pio lettore: Paolo, l'ultimo arrivato, richiama Pietro alla coerenza con i principi del vangelo, che lui stesso aveva affermato!
*  Gli Apostoli ed i predicatori non parlano come gente che vende i frutti del proprio lavoro inven-tivo. Essi parlano come testimoni (in greco “martiri”) di «ciò che hanno visto e udito». Essi testimo-niano, annunciano questo vangelo: Gesù di Nazareth ha compiuto miracoli ed insegnato; è morto e risorto; è Cristo, Salvatore, Figlio di Dio, Signore, e chiama, tramite la fede e il Battesimo, alla salvezza tutti gli uomini, a cominciare dagli stessi Giudei che pur l'avevano ingiustamente condannato a morte! [Cfr.  At 1, 22; 2, 32; 4, 20; 10, 34-43].
Simile certezza di testimoniare ciò che hanno visto, conferisce alla parola quella forza e sicurezza che traspare dai loro scritti [1 Tess 2, 1-4: scritta intorno al 50!]. Con questa forza essi sono pronti anche a lottare contro tutti e contro tutto, quando risulta necessario. Sanno di proclamare un vangelo che può, sì, ottenere tanta accoglienza e dare gioia e speranza a molti cuori anelanti alla salvezza e alla pace con Dio; ma sono anche coscienti di urtare contro mentalità e potenze avverse, per le quali Cristo crocifisso e risorto è una “pazzia”, un “orrore”, un discorso ridicolo. ( cfr. At: 17,16-34; più ancora I Cor. 1,18-24). Con la medesima forza “testimoniano” Cristo Signore anche di fronte alla morte. E tale forza trasmet-tono ai loro fedeli. (Si legga per es. Rom 8, 35-39). 
*  Ci viene, quindi, da chiedere: “Perché non si sono limitati ad un discorso generico sulla pater-nità di Dio e sulla fratellanza umana? Che bisogno poteva esserci di parlare innanzitutto di un Gesù di Nazareth morto su un'infame patibolo e risorto?
L'unica spiegazione è questa: quel Gesù vissuto, morto e risorto era una realtà, una storia, e una storia essenziale per la salvezza dell'uomo.
Avrete notato che il «kerygma» – o “e-vangelo” – essenzialmente non era la proclamazione di una morale più o meno nuova [che pure avrà il suo posto come sviluppo della fede], ma la «buona novella» di una storia di salvezza, di un amore grande da parte di Dio per noi peccatori, di un evento che ci giudica e soprattutto ci apre la speranza. 
Centro focale di tale “e-vangelo” è il passaggio di Gesù di Nazareth da morte a vita nuova. Gli stessi miracoli di Gesù non avevano, nel kerygma, un posto di grande rilievo; sarà così negli stessi vangeli; benché qui siano più largamente presenti, lo sono – più che come prove a favore di Gesù Cristo –, come “segni” e preannunci della grande "opera" di salvezza e della decisiva rivelazione che rimane la Pasqua di Cristo.
*  Inoltre, gli Apostoli e i predicatori del vangelo sono gente vicina ai fatti che narrano ed annun-ciano. Non s'è mai trovato uno che ponga in dubbio la loro contemporaneità con Gesù di Nazareth. Essi, quindi possono davvero essere testimoni di Lui, con il quale “hanno mangiato e bevuto” (Atti 10, 41).
Quando gli Apostoli parlano, si riferiscono a fatti incontrovertibili, perché conosciuti da tutti.
– San Pietro, nel suo primo discorso, dopo la Pentecoste, si rivolge ai Giudei in prima persona, rim-proverandoli dei fatti accaduti e rendendo corresponsabili gli uditori, quali testimoni viventi (Atti 2).
– S. Paolo, parlando delle apparizioni di Gesù risorto, ricorda che: "Dopo, fu visto da più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali i più sono tuttora viventi; solo alcuni sono morti". (I Cor, 15. 6).
– Luca afferma espressamente di aver fatto delle ricerche, prima di scrivere:
«Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra noi, come ce l'hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scrivere per te un resoconto ordinato» (Luc. 1, 1-3)
*  Il colorito, la vivacità di molte pagine, la pittura dei caratteri, la presentazione anche dei limiti umani di Gesù e soprattutto della sua "scandalosa" e sconcertante Passione, il ricordo anche dei difetti degli apostoli (eppure erano i capi venerati della Chiesa primitiva!), che troviamo nei Vangeli, ci con-fermano nell'idea di trovarci di fronte a testimonianze immediate e veritiere.  
*  A ciò va aggiunto che nei Vangeli – e negli altri scritti del Nuovo Testamento – troviamo notizie di carattere storico, geografico, politico religioso e sociale che corrispondono – non sempre, ma quasi – a quanto sappiamo da altre fonti circa quel tempo. 
  •  – I fatti citati sono confrontabili con la storia civile (il censimento, la morte di Erode, le testi-monianze pagane su Gesù...).
  •  – C'è concordanza perfetta sui nomi dei personaggi storici sia romani che palestinesi (Cesare Augusto, Erode,Tiberio, Ponzio Pilato, Anna e Caifa …).
  •  – Le città e i monumenti citati sono stati ritrovati esatti dalla storia e dalle scoperte archeologiche (Betsaida, la sinagoga di Cafarnao, la piscina dai cinque portici...)
*   Si nota, infine, pure questo: benché i Vangeli di Matteo, Marco e Luca siano stati scritti dopo le lettere di S. Paolo – così ricche di dottrina e di idee grandiose –, essi ci presentano un messaggio ed un linguaggio meno sviluppati e più primitivi di quelli paolini: ciò è un altro segno della loro fedeltà alle origini. Anche certi gravi problemi delle chiese primitive (come quello relativo alla necessità o no della circoncisione) non vi si sentono né appaiono.
§ – Tutto ciò (preso nel suo complesso) ci conferma nell'impressione di trovare nei Vangeli una grande fedeltà in ciò che essi narrano e dicono: una fedeltà che fa davvero pensare a testimoni oculari. 
– Inoltre, tutto il complesso dei dati, ci assicura che gli Apostoli testimoniavano la morte e la risur-rezione non come mito e semplice simbolo della vittoria di Dio sul male, ma come una realtà che poteva suscitare "orrore" e derisione, ma che era alla base della fede loro e dei credenti. Cioè, la realtà della loro predicazione non consisteva soltanto della loro fede-convinzione, ma soprattutto di qualcosa che stava alla base di tale loro fede, così come di quella delle prime comunità cristiane. 
– Non c'è da meravigliarsi, allora, se Dio conferma con “carismi”, miracoli ed altri segni, (Come il crescere d'una carità straordinaria o la capacità anche di "gioire pure nella tribolazione) la testimonianza degli Apostoli: (cfr.  At 2, 43; 3, 1-1 l; 4, 29-34; 5, 13-21; 1 Tess 1, 5 s; I Cor 2. 3-5; 12, 9-1 l; 2 Cor 9, 10-15). 
–  Soprattutto, sembra che Dio l'abbia confermata con i secoli: la fede, infatti, di quei “testimoni” e della loro Chiesa sfida la storia e, pur fra tanti limiti e sbagli, compie ancora opere mirabili, anche se non sono accompagnate da fama, onori, “discorsoni”, medaglie...
Dobbiamo anche ricordare che gli studiosi di storia delle religioni (cristiani e non cristiani), – a differenza di tanti rivenditori di slogan e frasi fatte -– non conoscono un altro esempio da assimilare alla Chiesa primitiva. Non si conosce, in altre parole, un'altra comunità o gruppo di uomini che nel giro di una ventina d'anni (come quelli trascorsi dal 50 al 70 circa, dal periodo cioè in cui Gesù muore a quello in cui compaiono i primi scritti cristiani che conosciamo [1 e 2 Tess, Gal, 1 e 2 Cor.; e forse Lc 1-2 è ancora più antico!] abbia saputo – per ipotesi – inventare e proclamare un messaggio così ricco, straordinario, originale e anche scomodo, come quello che si supporrebbe inventato dalla Chiesa o nella Chiesa primitiva.
Tra l'altro, i Dodici non erano né geni (eccetto forse S. Paolo), né degli esaltati. Né va dimenticato che essi – ad un mondo che neppure sopportava che si parlasse di crocifissi (l'afferma Cicerone!) –, annunciano che un ebreo, per di più crocifisso, è risorto, è Messia, salvatore, figlio di Dio, Signore!
CONCLUSIONE –––  In questa Chiesa primitiva, 
1. Gli apostoli-evangelisti potevano inventarsi il messaggio su Gesù crocifisso, risorto... Figlio di Dio?
2O questo sembra, piuttosto, supporre che alla base ci sia stata la verità "vista e udita"?
Ognuno dia la “sua” risposta. Nessun altro gli si può sostituire in questo. Noi, da parte nostra, posiamo ragionevolmente affermare che alla base del messaggio dei Vangeli – come alla base della fede della Chiesa primitiva – sta questa verità: Gesù è vissuto in Palestina, ha insegnato e compiuto miracoli, è morto e risorto, è messia, salvatore, Figlio di Dio, Signore; l'hanno visto e udito gli Apostoli. 
Essi poi ci trasmettono e ci sviluppano tutto questo, benché ciascuno a modo suo, con fedeltà storica sostanziale (non quindi con quella di un registratore).
•  Da una parte, quindi, leggendo i Vangeli, non ci impressioneremo per certe difficoltà ed impre-cisioni; chiederemo loro quello che essi ci vogliono offrire, e non una biografia esatta su Gesù.
D'altra parte, però, la nostra fede nella “testimonianza” degli Apostoli, nella parola della Chiesa apostolica e nei Vangeli – che ne sono l'espressione –, è serena.
Abbiamo fiducia di trovare nella Chiesa apostolica la “comunione con il Padre e con il Figlio sua Gesù Cristo”: questo ci “riempie di gioia grande” (I Gv 1,3 s), tiene vive la nostra speranza, stimola e orienta la nostra carità in un vivo impegno per l'uomo “per il quale Cristo è morto e risorto”.
GLI   EVANGELISTI
§  “Secondo ….”. I tre Vangeli [Matteo, Marco, Luca] sono indicati col termine “sinottici” (= che si possono leggere insieme con un solo colpo d'occhio). Essi seguono infatti lo stesso ordine, possiedono sostanzialmente lo stesso materiale ed offrono tre racconti paralleli della vita di Gesù. [Giovanni, invece, ha un contesto ed un ordine proprio e condivide con gli altri evangelisti meno dei dieci per cento della materia]. 
È certo, anzitutto che i tre vangeli di Matteo, Marco, Luca. hanno attinto a quella medesima fonte: cioè della tradizione e della testimonianza apostolica. 
Gli evangelisti sono sempre stati considerati come redattori di materiale preesistente. Il più antico documento contenente la lista dei libri del N. T. – scritto verso il 150 d.C. parla del “libro del Vangelo secondo Matteo, Marco, Luca”, ecc. Ciò attesta un uso che rimarrà corrente nella storia, in base a cui la comunità non si sentiva autorizzata a parlare di Vangelo – la “buona notizia” – di M. M. L.G., ma preferiva dire “secondo” la redazione di Matteo, ...
1 – S. Matteo – che prima si chiamava Levi –, è l'autore del 1° Vangelo, che scrisse in aramaico (verso il 64. Il vangelo “secondo Matteo” giunto sino a noi risale agli anni 80-90. È rivolto ad una comunità di cristiani provenienti dal giudaismo, esperti in Antico Testamento e alle prese con il mistero della sal-vezza aperta pure ai pagani, accanto, anzi, quasi al posto degli Ebrei. 
S. Matteo, poiché scriveva per i suoi connazionali, volle dimostrare che Gesù Crocifisso era il Messia atteso, il Redentore d'Israele profetato dalle Scritture. Ad ogni passo, infatti, ci s'imbatte nell'espressio-ne: «Come è stato scritto da Isaia profeta, dai profeti», ecc. ecc.; e minuziosamente prova come le profezie e le promesse dell'Antico Testamento si siano compiute in Gesù Cristo. 
Matteo polemizza con i Farisei e mostra come in Gesù si sono adempiute le Scritture.
• Simbolo: come gli altri Evangelisti, anche S. Matteo è figurato dai quattro misteriosi animali descritti dal profeta Ezechiele, e nell'Apocalisse da san Giovanni. È comune sentenza dei Padri della Chiesa che l'animale che aveva la figura quasi d'uomo raffiguri S. Matteo, il quale appunto inizia il Vangelo con la generazione temporale di Gesù. 

• Ricorrenza: 21 settembre

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